Da quando sono nato mi sembra di vivere un sogno, lo stesso sogno che ho vissuto con la mia famiglia grazie al lavoro di mio padre che mi ha insegnato tanto e mi ha trasmesso la passione per il mare e i fari.
Si, anche mio padre, Michele Serafino, è stato un guardiano del faro. Ma ancora prima di diventare farista è stato un grande marinaio nella Seconda guerra mondiale. Lui, sottoufficiale della Marina Militare, partecipò a diverse missioni di guerra e nel 1942 si trovò nel pieno della Battaglia di Pantelleria, proprio a bordo dell’incrociatore Trento quando venne affondato da un sommergile inglese. Mio padre era il mio eroe e grazie a lui, io e la mia famiglia, abbiamo avuto la possibilità di conoscere e vivere in molti fari.
Dal 1953 al 1955 è stato guardiano del faro di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.
Nel 1955 fu trasferito al Faro Borbonico di Bari fino al 1961, poi una nuova destinazione il faro dell’Isola di Sant’Andrea a Gallipoli.
Qui, per la prima volta, sono salito sulla lanterna di un faro. Avevo 6 anni e mio padre, per giocare, mi metteva sull’ottica rotante e mi faceva girare. Mi sentivo importante, pensavo che tutti mi guardassero perché la luce del faro la vedevano tutti.
Eravamo cinque bambini sull’isola, tutti di età diverse e si istituì la prima scuola elementare pluriclasse in un faro su un’isola in Italia. Il primo anno avevamo una maestra fissa che viveva con noi sull’isola, e concludeva la sua giornata di lavoro tra noi bambini isolati ma felici, tra conigli, granchi e scogli, una scuola di vita unica al mondo.

Quando era in servizio mio padre, si saliva sulla lanterna tre volte al giorno: all’accensione, a mezzanotte e la mattina. Bisognava dare la carica come un orologio.
Nel 1970, mio padre fu trasferito al faro Punta San Cataldo a Bari dove è stato in servizio fino al 1987, anno in cui è andato in pensione ed io ho preso il suo posto nel Servizio Fari.


Sono diventato guardiano del faro nel 1978. Al concorso seguirono sei mesi di addestramento a La Spezia, che ebbi il privilegio di svolgere in compagnia di una delle prime donne fariste della storia, Maria Rita di Loreto e a tanti altri colleghi che sono stati miei compagni di viaggio.
Successivamente, come prima destinazione, ho prestato servizio al Faro dell’Isola Sant’Eufemia, a Vieste, ho lavorato su quest’isola dal 1979 al 1981. Ricordo sempre, quando il Capodanno del 1979, sono rimasto sull’isolotto per circa una settimana a causa del maltempo. Non potevo tornare sulla terraferma e rimasi senza luce e linea telefonica e il Capodanno l’ho trascorso in compagnia del vento, della salsedine, un piatto di pasta e lenticchie e un bicchiere di vino rosso.
Dal 1981 al 1983 ho lavorato presso l’importante faro sul Capo di Santa Maria di Leuca che separa il Mar Ionio dal Mar Adriatico. Una sera, mentre era in corso un temporale, un fulmine colpì l’impianto elettrico del faro che rimase spento per diverse ore fino a quando riuscii ad attivare il fanale di riserva a gas acetilene che era all’esterno della lanterna.
Ho prestato servizio anche al faro di San Vito a Taranto dal 1983 al 1987.


Dal 1987, finalmente il mio faro definitivo, il meraviglioso faro di Punta San Cataldo di Bari.
L’anno di costruzione di questo faro è il 1869, questo in molti lo sapevano, ma mi sono sempre chiesto se ci fosse una data esatta della sua prima accensione. Grazie all’aiuto dell’Associazione Il Mondo dei fari, che ha fatto ricerche anche presso la Biblioteca Classense di Ravenna, ho saputo che tale data viene fatta risalire al 1°marzo 1871. Dato, questo, riportato sull’Album dei Fari del 1873 di cui una copia è stata donata al Faro da questa Associazione di cui mi onoro essere un rappresentante regionale.

I fari sono ancora utili oggi? Oggi potremmo dire che per chi va per mare con il GPS, la funzione dei fari si è un po’ “spenta”, ma la tecnologia può subire un’avaria, un qualsiasi tipo di black-out ed allora  cosa è meglio della vista di un faro? Il faro rappresenta un punto di riferimento, una guida capace di parlare un linguaggio silenzioso fatto di luci ed eclissi. Un pescatore mi diceva, il GPS mi dice dove pensa che io mi trovi, il faro mi dice invece dove mi trovo esattamente.
Per me il Faro è stato un luogo di lavoro molto speciale dove ho vissuto da ragazzo, dove ho creato la mia famiglia, dove ho visto crescere i miei due figli. È un luogo unico che mi ha permesso di conoscere me stesso e, anche se sembrerà strano, di conoscere tante tante persone. Il silenzio è una delle cose che ho amato vivendo in un faro ma il suono del vento e il rumore delle onde sono state compagni di tante notti insonni e ora faranno sempre parte della mia vita.

Il racconto è tratto da una lettera che Gaetano mi ha inviato alcuni giorni fa e che ho avuto il piacere e l’onore di leggere all’apertura dell’ Assemblea annuale dei soci tenutasi a Livorno il 22 febbraio 2025. Gaetano Serafino è andato in pensione 1 aprile 2022, abita sempre a Bari, poco distante dal suo faro. Al mattino continua a svegliarsi molto presto, col rumore del mare e il profumo della salsedine, porta fuori il suo cane Argo e passeggiando sulla spiaggia passa sempre sotto il faro. Una nostalgia lo avvolge, riportandolo indietro con i ricordi e facendolo riflettere su quanto quel luogo ha significato per lui. E’ qualcosa che porterà sempre nel suo cuore. (© Felicetta Santomauro )

© Gaetano Serafino testo e foto di famiglia