Con l’articolo di oggi vogliamo proporvi un piccolo viaggio attraverso alcuni scorci caratteristici del Golfo della Spezia come apparivano nell’anno dell’unità nazionale. Datano infatti 1861 quattro delle cinque immagini che vi presentiamo e che abbiamo rintracciato presso l’Archivio di Stato della Spezia, che ne conserva gli originali e ne mette a disposizione degli studiosi copie digitalizzate ad altissima risoluzione.

Si tratta di quattro litografie che raffigurano l’isola del Tino, l’isolotto del Tinetto e Torre Scuola cui si aggiunge una carta del golfo rilevata nel 1846 e pubblicata nel 1849 a cura della Ministero della Marina francese.

Le prime due immagini ritraggono rispettivamente l’isola del Tino e il faro di San Venerio. È interessante osservare la presenza di una sola torre, edificata nel 1840 per volontà di Re Carlo Alberto, sul preesistente torrione fortificato di costruzione genovese. Com’è noto, la seconda torre, più alta e l’unica attualmente in funzione, venne edificata solamente nel 1884.

All’epoca della sua costruzione il faro funzionava a luce fissa, contrariamente all’impianto attuale che è a ottica rotante. Questo particolare, assieme all’indicazione della portata ottica di 15 miglia nautiche, risulta riportato sulla mappa del golfo, tanto nella cartografia quanto nel cartiglio, come illustrato dalle immagini seguenti.

 

Si osservi sul cartiglio la tabella di conversione da metri a braccia e piedi. All’epoca la Francia aveva già da tempo adottato il sistema metrico decimale (tant’è che la batimetria sulla carta è riportata in metri), mentre nell’Italia preunitaria erano ancora molti gli stati e le regioni che utilizzavano le antiche unità di misura.

Nell’immagine che segue viene ritratto l’Isolotto del Tinetto, sulla cui sommità si possono osservare i resti, ancora oggi visibili, di un piccolo oratorio, risalente al VI, e di un edificio più complesso, una chiesa a due navate con celle per i monaci, costruita in varie fasi sino all’XI secolo e distrutta definitivamente dai saraceni.

L’ultima immagine che vi proponiamo è quella di Torre Scuola.

Nel XVI e XVII sec. la Repubblica di Genova, per contrastare le mire espansionistiche delle grandi potenze europee, consolidò le fortificazioni lungo le coste adeguandole alle nuove armi da fuoco: le antiche torri quadrangolari furono sostituite da quelle a pianta poligonale o circolare, perché offrivano ai proiettili un angolo di impatto minore.

La torre di S. Giovanni Battista, detta anche Torre Scola, fu progettata e costruita nei primi del Seicento sullo scoglio di fronte alla punta della Palmaria rivolta verso Lerici: essa serviva a coprire due zone “morte” (la cala dell’Olivo che distava 1 Km circa dal borgo di Porto Venere e la piccola baia della costa orientale della Palmaria), dove facilmente potevano sbarcare armate nemiche, senza correre il pericolo di essere colpite dal fuoco delle artiglierie della fortificazione che sovrasta il borgo dal XV secolo.

La Torre, a pianta pentagonale regolare, aveva mura solide e spesse: era un baluardo difensivo apprezzato dalla popolazione che non aveva dimenticato i tanti episodi delle scorrerie dei Saraceni, dei Pisani, degli Aragonesi. Nel forte, armato con dieci cannoni, vi soggiornavano sei soldati, un capo e un “bombardero”.

La torre fu sventrata dalle cannonate delle navi inglesi il 23 giugno del 1800, nel tentativo di scacciare dal Golfo le truppe napoleoniche; fu riparata provvisoriamente e poi del tutto abbandonata già nella prima metà dell’Ottocento.

Nel 1915 il Genio Marina ne progettò l’abbattimento: Ubaldo Mazzini, allora ispettore ai monumenti, segnalò questo tentativo al Ministero della Pubblica Istruzione, salvando la Torre dalla distruzione.

I segni delle numerose cannonate alla base della fortificazione non sono dovuti ad attacchi nemici, ma al fuoco della nostra artiglieria che, in tempi imprecisati, durante le esercitazioni, l’ha presa come bersaglio. La stessa sorte è toccata al Monastero del Tino.

Il nome Scola è piuttosto singolare; ad esso non si deve attribuire il significato che si dà comunemente alla parola “scuola”. Con esso si denominava la vicina punta dell’isola Palmaria, dove sembra ci sia stata un’antichissima fondazione religiosa e dove in seguito sorse il monastero benedettino di S. Giovanni Battista.

Il termine “scola” significherebbe dunque “cappella rurale e parrocchia”. Il nome finì con l’indicare prima la punta dell’isola che si protende verso lo scoglio e poi la torre stessa.

(fonte:  www.isolapalmaria.it)

Con questo articolo, Storie di fari e faristi si congeda dai lettori per le ferie estive. A rivederci a Settembre e buona estate a tutti!

Vittorio Grandi e Felicetta Santomauro

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