La parte della sala storica dedicata ai faristi allestita dalla nostra Associazione nel faro dell’isola del Tino si arricchisce di un nuove informazioni e di  un nuovo volto.

Ricorderete che, in base ai dati trovati scorrendo i registri dei “Ruoli di Anzianità dei personali subalterni del Ministero della Marina” custoditi nell’archivio di Stato, siamo riusciti a ricostruire parte della cronologia dei faristi che si sono avvicendati al faro San Venerio a partire dal 1884 fino al 1987, oltre un secolo!  Purtroppo,però, c’è un vuoto di diversi periodi per mancanza di dati.

Quello della ricostruzione cronologica è un lavoro tutt’altro che facile, poiché molti documenti sono andati distrutti e spesso l’unica fonte sono le testimonianze dirette dei loro discendenti. Così come è successo per il bisnonno di Vittorio, Alberto Grandi,anche in questo caso è grazie alla testimonianza della pronipote, Manuela Seletti, che siamo riusciti a collocare negli anni mancanti il signor Gianuario Porqueddu, nato a Porto Torres nel 1862 da una famiglia di faristi.

Quello del guardiano del faro è un lavoro che spesso si è tramandato di padre in figlio per diversi decenni, per due o tre generazioni. I padri sovente affidavano ai figli piccoli lavoretti per aiutarli nei servizi; si stabiliva così già un principio di conoscenza del mestiere.Al servizio fari poi si accedeva per domanda e questa esperienza diretta poteva essere requisito utile per l’accettazione.

Gianuario Porqueddu

Anche per la “dinastia” dei Porqueddu fu così. Gianuario intraprese l’attività di farista nel settembre del 1901 e si trasferì con la sua famiglia a La Spezia nel 1912 e prestò servizio al Tino dal 1915 fino al 1922 anno in cui subentrò suo figlio Vittorio, il cui figlio, Mario, diventò anche lui farista e prestò servizio al Tino dal 1979 al 1985.

Gianuario visse sull’isola il periodo della grande guerra e dell’epidemia di spagnola; sappiamo che sua figlia Francesca ne venne contagiata ammalandosi gravemente ma per fortuna sopravvisse.

Secondo le nostre ricerche è probabile che Gianuario, diversi anni prima, avesse già lavorato al Tino come fanalista poiché lo ritroviamo in una foto di gruppo, indicato dalla freccia rossa, insieme al bisnonno di Vittorio, il secondo partendo da destra, e che solo in questi giorni abbiamo scoperto morì quarantenne nel 1905.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La foto di gruppo è la foto n. 4 collocata nella sala storica e si pensa sia stata scattata in occasione di una visita ispettiva di un ingegnere del Genio Civile (l’uomo con la paglietta in basso a destra).
Con molta probabilità risale ai primissimi anni del ‘900 quando i fari erano ancora sotto la gestione del Ministero dei Lavori Pubblici. Bisognerà infatti aspettare il decreto 568 del 17 luglio 1910 con il quale venne disposto il passaggio della gestione al Ministero della Marina, lasciando al ministero dei lavori pubblici (oggi delle infrastrutture) solo la parte relativa alla costruzione e alla riparazione straordinaria dei fari. Con il Regio Decreto n. 294 venne fissata la data ufficiale 1° luglio 1911 per il passaggio del Servizio Fari alla Regia Marina.

All’epoca tra faro e guardiano vi era un forte legame in quanto il funzionamento del faro stesso dipendeva dal lavoro dell’uomo.

In quegli anni il faro San Venerio era già stato elettrificato e due o tre famiglie di faristi vi risiedevano per gestire i due gruppi elettrogeni indipendenti costituiti ciascuno da una turbina a vapore che a sua volta metteva in rotazione la dinamo che produceva la corrente elettrica continua utilizzata per alimentare la lampada del faro ed i servizi delle abitazioni delle famiglie stesse. Unico esempio mai sperimentato in seguito nei fari italiani.

Questo sistema conferiva al segnale una luminosità molto elevata e a volte eccessiva per il compito che doveva svolgere; fu quindi sostituito nel 1912 con un impianto a vapori di petrolio.

Nella storia della elettrificazione del faro possiamo collocare la permanenza al Tino del farista Alberto Grandi da noi simpaticamente soprannominato il “bisnonno elettrico” e noto a Portovenere come “luse eletrica”.

Alberto Grandi, qui ritratto con sua moglie Anna Attilia Canarolo, infatti, fu Capo farista all’isola del Tino nel periodo che vide la conversione dell’impianto d’illuminazione del faro da luce ad acetilene a luce elettrica. Questo passaggio tecnologico avvenne in concomitanza con la costruzione della seconda torre, più alta della precedente e destinata ad ospitare la nuova sorgente luminosa con la relativa ottica, funzione che esercita ancora oggi. Era il 1884, nel pieno della Seconda Rivoluzione Industriale.

L’industria elettrica nasceva negli ultimi decenni del secolo XIX: il 4 settembre 1882 entra in servizio la prima centrale elettrica del mondo, costruita da Edison a Pearl Street presso New York.

L’Italia fu tra le prime nazioni ad occuparsi di questa nuova industria: nel mese di giugno del 1883 entrava in esercizio a Milano la centrale di via Santa Radegonda, la seconda centrale al mondo e la prima in Europa, con una potenza installata di 400 KW.

Essa alimentava alcune migliaia di lampadine tramite quattro dinamo mosse da motrici a vapore.

I successivi esperimenti di trasmissione di energia elettrica a distanza, prima in corrente continua e successivamente in corrente alternata, permisero l’utilizzo dell’energia idraulica, ubicata lontano dalle città, e quindi favorirono lo sviluppo degli impianti idroelettrici.

La prima importante centrale idroelettrica in corrente alternata (analoga alle attuali) fu inaugurata nel 1886 a Tivoli e sfruttava le abbondanti cascate dell’Aniene per “illuminare a luce elettrica” la città di Roma. Questo costituì il primo esperimento al mondo di trasmissione di energia elettrica alternata a grandi distanze con un elettrodotto lungo 28 km.

La Marina Militare Italiana fu pronta a cogliere le nuove incredibili opportunità che la nuova tecnologia della produzione e distribuzione dell’energia elettrica offriva.

Questa foto inedita, gentilmente concessa dalla famiglia Grandi, rappresenta un momento di convivialità, una pausa pranzo al porticciolo dell’isola del Tino, buon cibo e fiaschi di vino.  Vediamo Alberto Grandi, il signore al centro in primo piano con i baffi, in compagnia di ingegneri e tecnici del Genio Civile.Ci piace pensare che sia stata scattata proprio nel periodo della trasformazione del faro.

Ci siamo proposti di dare un volto e una storia a tutti i nomi dei faristi che riusciremo a mettere in elenco, un lavoro un po’ ambizioso se vogliamo ma ci sembra un atto dovuto per mantenere viva la memoria di quanti uomini hanno lavorato nei nostri fari.

La storia continua….

Felicetta Santomauro e Vittorio Grandi

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