“LA LANTERNA”

LA SIGNORA CHE DA SETTE SECOLI DOMINA GENOVA

di Annamaria “Lilla” Mariotti

Lat.: 44° 24,3` N – Long.: 8° 54,3` E

 

 

Il Medioevo è stato definito l’epoca dei secoli bui, ma è proprio in questo periodo che si trovano alcune tra le più belle costruzioni fatte dall’uomo. Grandi palazzi dall’aria severa e chiese il cui stile è un misto tra il romanico, oramai affermato, e il nuovo stile gotico vengono erette ovunque ed a Genova se ne trova un bellissimo esempio nella Cattedrale di San Lorenzo, consacrata nel 1118. Ma in questo stesso periodo storico sorgono anche altri monumenti lungo le coste, i primi fari, ed è proprio a Genova che inizia a prendere forma quello che poi diventerà il faro più “civettuolo” e più “cittadino” di tutti, quello che nei secoli perderà la sua denominazione di faro per essere chiamato semplicemente “LA LANTERNA” e diventerà il simbolo stesso di Genova.

In questo primo millennio, la navigazione aveva già avuto un grande sviluppo e Genova era un centro commerciale molto importante. Dal 950 è un comune autonomo, è una delle quattro Repubbliche Marinare, dal 1200 si alternano al potere i podestà, rappresentati dalle due potenti famiglie ghibelline, i Doria e gli Spinola a cui poi seguirono i Dogi, e anche il suo porto era già troppo frequentato per non essere provvisto di un qualsiasi segnale che facilitasse l’avvicinamento dei vascelli che arrivavano da tutto il mondo conosciuto, carichi delle loro preziose ed esotiche mercanzie. Ci voleva una luce che nella notte potesse guidare queste navi all’ingresso del porto.

Le origini della lanterna sono molto incerte e avvolte nella leggenda. Alcune fonti fanno risalire la costruzione della prima torre al 1128, ma pare quasi certo che intorno al 1129, in una località chiamata Capo di Faro, alla base del colle di S. Benigno, dal nome di un convento di benedettini che si trovava sulla sua sommità, verso il ponente genovese, sia stata eretta una torre, la cui cura, con un decreto, detto “delle prestazioni”, venne affidata agli abitanti della zona circostante “Habent facere guardiam ad turrem capiti fari”, questo il loro compito insieme a quello di rifornire costantemente la torre con fasci di “brugo” (erica secca) e “brisca” (ginestra secca) che servivano per alimentare il fuoco sulla torre. Questo combustibile era facilmente reperibile su tutte le alture che circondano la città, ma doveva essere un compito arduo raccogliere e trasportare grandi quantità di sterpi, forse l’incarico era svolto da schiavi o prigionieri. Tuttavia, per rendere più facile l’avvicinamento a Genova, si continuavano a tenere accesi anche dei fuochi sulle alture intorno alla città, anch’essi alimentati con erica ginestra.

Dai registri della locale autorità marittima del XII secolo risulta che niente veniva tralasciato per la cura e la manutenzione della torre e nel 1161 un decreto obbligava ogni nave in arrivo a pagare una tassa di approdo per contribuire alle spese di accensione del fuoco. Non doveva essere un’impresa facile alimentare ogni notte quella torre, che oggi non possiamo immaginare come fosse, né come gli uomini potessero accedere alla sua sommità, forse con delle scale di legno poste al suo interno, come risulta anche dalle cronache posteriori, oppure tramite una “coffa” o cesta, sicuramente di ferro, che veniva riempita con il combustibile e poi sollevata fino alla cima, ma dobbiamo affidarci all’immaginazione perché la prima immagine della lanterna si trova riprodotta a penna sulla copertina di un manuale del “Salvatori del Porto”, risalente al 1371. Questa copertina è stata recentemente restaurata e può essere ammirata nel Museo Marinaro di Genova.

Questa Corporazione, che gestì il porto a partire dal 1290 e che nel 1340, divenne anche i custode del faro, aveva provveduto a far dipingere sulla facciata Nord della torre inferiore lo stemma di Genova, una croce rossa in campo bianco, opera del pittore Evangelista di Milano. Questo stemma si deve essere perso nel tempo perché quello che vediamo oggi è stato progettato e dipinto dall’architetto Pettondi nel 1785 e restaurato, nel corso di lavori alla torre, nel 1991. In questo semplice disegno del manuale, tratto a mano da un ignoto, la Lanterna appare formata da tre tronchi ornati da merli, quello inferiore piuttosto largo e i due superiori, più stretti e sovrapposti, con solo due aperture nelle parti alte. Nello stesso manuale si trovano anche registrate le spese sostenute per l’illuminazione del faro e le nomine dei guardiani.

Nel frattempo però la torre aveva già affrontato molte traversie. La Lanterna poteva essere definita un faro “ghibellino” per lacaratteristica forma dei suoi merli a coda di rondine, diversi da quelli “guelfi”, a profilo perpendicolare. A Genova le due fazioni sono state in lotta per parecchi anni e questa guerra civile rischiava di indebolire la sua potenza. Nel 1318, in particolare, questi contrasti s’intrecciarono con la storia della Lanterna. I Guelfi si erano chiusi nella torre, assediati dalla fazione opposta che li bombardava con pesanti massi e pietre usando una rudimentale catapulta. I Guelfi riuscivano a resistere grazie ai rifornimenti che ricevevano da una galea ancorata nel porto, tramite una specie di teleferica che dal faro arrivava all’albero maestro della nave. I Ghibellini, visto l’inutilità dell’assedio, cominciarono a scavare le fondamenta della torre, rischiando di farla crollare, ma riuscirono solo a stanare i loro nemici per i quali non ebbero nessuna pietà. Le fondamenta del faro rimasero danneggiate e furono consolidate solo nel 1321.

Naturalmente nei secoli seguenti la Lanterna ha subito altri cambiamenti, non era ancora quella che noi vediamo oggi. E’ del 1326, come ci dice lo storico genovese Giustiniani, l’installazione sulla cima della torre della prima lanterna, chiusa da vetri e alimentata con olio d’oliva. Il vetro non era ancora perfezionato, il primo vetro, entrato in uso proprio nel Medio Evo, era spesso e poroso e si anneriva facilmente per via della fuliggine, così il combustibile veniva variato, secondo le condizioni atmosferiche, proprio per ovviare a questo inconveniente.

Nel 1400 la Lanterna fu usata anche come prigione. Per diversi anni (alcune fonti dicono 5, altre 10) vi furono rinchiusi come ostaggi, in cambio del trono di Cipro a Pietro Lusignani, Jacopo Lusignani e sua moglie Eloisa che in una piccola stanzetta diede alla luce il loro figlio Giano. Questi ostaggi furono in seguito liberati dal Doge Leonardo Montaldo. Viene da pensare come può essere cresciuto quel bambino, sospeso tra mare e cielo, cullato dalla musica delle onde e terrorizzato dall’infuriare delle tempeste che squassavano il faro, tra quelle mura umide e fredde.

Tra storia e leggenda la Lanterna continua a sfidare il tempo. Si sa che nel 1405 i guardiani del faro erano sacerdoti e che per questo sulla sua sommità furono innalzati un pesce e una croce, simboli cristiani; nel 1413 un decreto dei “Consoli del Mare” stanziò “36 lire genovine” per la gestione del faro, ormai considerato indispensabile per il porto di una Genova marinara, includendo anche le paghe dei guardiani e stabilendo le multe per quelli che non avessero portato a termine il loro compito con diligenza. Alcune delle storie che circondano la Lanterna raccontano che nel 1449 uno dei guardiani del faro era Antonio Colombo, zio paterno del più celebre Cristoforo che per un incarico di due mesi ottenne una paga di “21 lire genovine”.

La Lanterna si trova, e si trovava, in una posizione molto esposta, arrivando dal mare la si vede svettare sul porto, e si può immaginare com’era quando si trovava a picco su una roccia. Durante le tempeste era spesso colpita dal fulmine ed esistono registrazioni di questi avvenimenti e dei danni subiti dalla torre e dagli uomini che vi si trovavano. La Lanterna fu colpita dalle saette nel 1596 e nel 1602, con danni alla sommità e il ferimento di alcuni uomini. Siccome non esisteva nessun tipo di prevenzione per questi eventi naturali l’unico rimedio che i guardiani trovarono fu quello di far murare su ciascun lato della torre della targhe di marmo con incise delle preghiere. Ma altri fulmini caddero nel 1675 e nel 1778, finché, poco dopo, grazie alla recente invenzione di Benjamin Franklin, e all’intermediazione di Padre Glicerio Sanxais, un fisico dell’Università di Genova, sulla cima della torre fu installato un parafulmine.

Un’altra, truce leggenda narra che nel 1543, quando la Lanterna raggiunse la sua forma definitiva, l’architetto che l’aveva progettata fu gettato dalla cima della torre per ordine del Doge perché non potesse mai più eguagliare una simile costruzione. I malpensanti sostengono che forse l’ordine era stato dato per non pagare la parcella !! Tuttavia il nome del suo costruttore rimane un mistero, c’è chi dice che fu Francesco da Gundria, altri fanno il nome di Gio Maria Olgiati. Chissà quale dei due ha fatto il famoso volo dalla cima della torre ? Ma si dice che, qualunque sia stato il costruttore avesse fatto un patto con il diavolo per portare a termine quella che doveva essere una delle più belle torri al mondo.

E’ facile raccontare la storia della Lanterna perché le sue “avventure” sono state registrate dalle varie Autorità Marittime che si sono succedute nei secoli: i “Consoli del Mare”, i “Salvatori del Porto”, i “Padri del Comune e Salvatori del Porto” ed i “Conservatori del Mare”.

Salendo le scale interne del faro per arrivare alla lanterna si provano sensazioni indescrivibili, come se le sue mura fossero intrise di tutti gli avvenimenti che l’hanno circondata. Su un pianerottolo un cancello nero, chiuso, cela una scala a chiocciola che sale vero l’alto, verso il buio, dove porterà ? Forse verso la prigione degli sfortunati Lusignani ? Altre porte murate dove conducevano una volta ? E’ un mistero che rende la salita ancora più interessante ed emozionante.

Bisogna però arrivare al 1500 perché la Lanterna raggiunga la sua forma definitiva, e questi avvenne in seguito a tragici avvenimenti. Sembra che la storia di questo faro sia legata indissolubilmente a fatti di guerra, a cospirazioni e lotte intestine.

Il 26 Agosto 1502 Luigi XII, Re di Francia, arrivò a Genova, chiamato dalle famiglie patrizie genovesi. All’inizio fu accolto con grandi festeggiamenti, ma in seguito la situazione cambiò e Luigi XII, che da ospite era diventato occupante, fece costruire ai piedi della torre il forte “Briglia”, così chiamato perché l’onere e la fatica della costruzione toccò tutto ai Genovesi e furono proprio questi, capitanati da Andrea Doria, che, per liberare la città dai francesi, la assalirono dal mare nel 1512 e con una cannonata tranciarono a metà la torre, che rimase monca per trent’anni, lasciando Genova priva del suo faro.

Su questo troncone nel 1543 fu edificato il nuovo faro come lo conosciamo oggi, su commissione del Doge Andrea Centurione e finanziato dal Banco di San Giorgio. Furono impiegati molti materiali, come riportato dagli storici: 120.000 mattoni, 2.600 palmi di pietra lavorata a scalpello, 160 metri quadrati di pietre provenienti dalla cava di Carignano. In questa fase la primitiva merlatura ghibellina fu sostituita con un muro in pietra e all’interno è stata costruita una scala in pietra per sostituire quelle precedenti in legno che potevano essere rimosse in caso di attacco alla torre. Una lapide, ancora visibile all’interno del faro, celebra l’avvenuta costruzione del Faro di Genova. (1)

Dunque, nel 1543 la Lanterna ha finalmente raggiunto la sua forma definitiva e sulla sua sommità fu posta una nuova cupola che subirà diverse modifiche e riparazioni nel corso dei secoli successivi anche per i danni subiti a seguito di eventi bellici. Un portolano manoscritto del XVI secolo riporta: “a miglia 14 da Peggi (Pegli, pochi Km a ponente di Genova), città con buonissimo porto e alla parte di ponente, vi è una lanterna altissima e dà segni alli vascelli che vengono a piè di detta lanterna”.

A quell’epoca la luce della Lanterna si poteva già vedere da molto lontano, anche se non si trova specificata la portata, perché la sua nuova cupola era stata ricoperta con cristalli nuovi particolarmente lavorati e curati da maestri vetrai liguri, provenienti da Altare o da Masone e alla fine non mancarono anche i vetrai veneziani, chiamati per migliorare ancora la luminosità della Lanterna.

I custodi del faro, chiamati “turrexani della torre”, dovevano porre una cura particolare nella manutenzione e nella pulizia di questi cristalli e per compiere bene il loro lavoro ricevevano bacinelle, spugne di mare, panni di cotone e bianco d’uovo; tutto dipendeva da questo perché la luce potesse diffondersi il più lontano possibile. Inoltre i guardiani, per eseguire meglio i loro compiti, avevano l’obbligo di vivere all’interno della struttura con le loro famiglie.

Tra il 1711 e il 1791 vi furono altri interventi sulla torre: vi furono posti tiranti e chiavarde per irrobustire la costruzione, visibili ancora oggi all’interno, e furono consolidate le fondamenta.

Agli inizi del 1800 un ingegnere francese, Augustin Fresnel (1788-1827) aveva inventato un’ottica rivoluzionaria destinata ai fari che stavano prendendo campo perché considerati di grande ausilio alla navigazione a vela. Si trattava di speciali lenti diottriche assemblate in modo da far convergere la luce in un punto al centro a occhio di bue e fare uscire i raggi luminosi parallelamente all’asse, aumentando così il loro potenziale e spingendoli lontano moltiplicati e ingranditi. Queste lenti di Fresnel furono installate nel 1841 nel faro di Genova, che allora funzionava ancora con olio d’oliva, insieme a un’ottica rotante sospesa in un bagno di mercurio, che funzionava con un congegno ad orologeria che doveva essere caricato a mano ogni 5 ore, cambiandone definitivamente la fisionomia e aumentandone la portata a 15 miglia.

Più tardi, nel 1881, la Lanterna rischiò di essere declassata perché era stato deciso di costruire un nuovo faro sul promontorio di Portofino, ma, superato questo pericolo, fu invece deciso di potenziarlo, e nel 1898 l’olio d’oliva fu sostituito dal gas di acetilene che, a sua volta, fu ancora sostituito nel 1904 da petrolio pressurizzato, e nel 1936 la Lanterna fu finalmente elettrificata. Negli anni successivi nella cupola avvennero altri cambiamenti dovuti all’avanzare della tecnologia: l’antico impianto di rotazione a orologeria che era manovrato a mano fu sostituito con un impianto di rotazione elettrico e il vecchio apparato rotante a bagno di mercurio fu sostituito con uno nuovo montato su cuscinetti a sfere e vi fu inoltre installato un faro elettrico indipendente di riserva.

La sua storia non finisce qui, la maestosa signora da sette secoli domina il porto e la città dall’alto dei suoi 77 metri (117 sul livello del mare), a Lat. 44° 22′ 15″ Nord – Long. 8° 54′ 20″ Est, ed è il secondo faro più alto d’Europa, ma la sua base non si bagna più nel mare, come nei tempi antichi.

Ormai da qualche tempo il porto è stato ampliato, nuovi moli sono stati costruiti e un moderno aeroporto le fa da sfondo, ma lei è sempre lì, come una gran dama altera e immutabile, e ogni notte lancia sul mare il suo fascio luminoso che può essere visto a 26 miglia di distanza. La sua caratteristica luminosa : luce 0.25 eclisse 4,75 luce 0’25 eclisse 14,75 = 20s di periodo. Oggi è anche radiofaro circolare di atterraggio per la radionavigazione Se qualcuno vuole avventurarsi a salire i suoi 365 gradini si trova davanti una vista mozzafiato a 360° su Genova, sulla Riviera e sui monti che circondano la città.

C’è chi dice che oggi i fari non sono più necessari perché le navi moderne sono dotate di mezzi e tecnologie di ausilio alla navigazione che rendono superato qualsiasi tipo di segnalazione a vista, ma è bello pensare che anche i marinai di oggi, rientrando nel porto di Genova, sulle più moderne e sofisticate navi da crociera vedendo brillare in lontananza la luce della Lanterna sentano di tornare a casa, come accadeva ai loro antenati.

Il faro è curato da Angelo De Caro, da anni suo custode e amico, Come gli antichi “turrexani” Angelo sale ogni giorno fino alla cupola usando un piccolo montacarichi che vi è stato installato diversi anni fa e si prende cura delle lenti di Fresnel, tenendole lucide e brillanti, così come della lampadina da 1000 Watt. Angelo De Caro è solo sulla Lanterna, ormai completamente automatizzata, e suo compito principale è solo controllare che tutto funzioni a dovere ma Angelo è anche un personaggio.

La Lanterna è molto conosciuta, sia per la sua forma piuttosto insolita, sia perché è il simbolo stesso della città di Genova, e Angelo riceve spesso richieste d’informazioni sulla “sua” Lanterna, informazioni che lui fornisce di buon grado raccontando di come si senta tutt’uno con lei, di come ne sia geloso e orgoglioso. Angelo de Caro fa il farista da molti anni, ha girato tutta l’Italia, ha anche salvato la vita a dei naufraghi quando si trovava al faro di Capo Rossello in Sicilia, e questa sua vita di romitaggio la si sente tutta nel suo parlare, lento, cadenzato che ricorda il rotare della lanterna.

Angelo si definisce un romantico eremita e dice che anche in un faro grande si sente la solitudine, che se uno strano non è, strano diventa, un po’ orso anche, ma Angelo De Caro è un uomo grande, questo lo ha reso lo stare tutto il giorno a contatto con la grande, antica signora, il vivere in simbiosi con lei, il prendersi cura della sua bellezza, fare in modo che la sua luce brilli il più lontano possibile perché chi la vede lampeggiare durante la notte possa dire: “Guarda, la Lanterna!!!”.

 

(1) “Nell’anno 1543, sedicesimo della restituita libertà, Pietro Giovanni Cibo Clavica, Giovanni Battista Lercari fu Domenico e Luciano Spinola fu Guglielmo, Padri del Comune, rinnovarono questa torre che una volta i nostri nobili antenati costruirono, e che nel 1512, nell’assedio della Fortezza della Lanterna, fu distrutta dal lancio di proiettili”